Centro Medico Psicologico Torinese

Le Lingue che Curano | 5 - 6 maggio

Circolo della Stampa Corso Stati Uniti, 27, 10128 Torino

Evento disponibile in streaming

Evento gratuito, prenotazione necessaria poiché soggetta ad esaurimento disponibilità. 

III Convegno | Centro Medico Psicologico Torinese e CIPA  




Le Lingue che Curano

“Il paziente narra la sua storia, e improvvisamente la trama non è più quella; lui resiste, come per fermare un ladro: no, non è affatto questo che volevo dire, assolutamente. Troppo tardi.”
J. Hillman, Le storie che curano.

“That is not what I meant at all;
That is not it, at all.”
TS Eliot, The Love Song of J. Alfred Prufrock.

L’arte cura? E la poesia? Scrivere è terapeutico? Potremmo trovare degli eliotiani correlativi oggettivi nella stanza d’analisi? Che cosa dice la semiotica al proposito? L’antropologia e la filosofia come si collocano? La struttura della mente è imagopoietica? O anche, come abbiamo proposto, semio-narrativa? E come interagisce la psiche con i nuovi media, così saturi di immagini?

Freud diede della psicoanalisi una definizione che prevedeva che essa fosse contemporaneamente sia un procedimento per l’indagine di processi psichici altrimenti inaccessibili, sia una serie di conoscenze psicologiche convergenti in una nuova disciplina scientifica nonché un metodo terapeutico per il trattamento dei disturbi nevrotici. Anche per Jung la psicologia analitica era un metodo clinico per liberare la psiche del soggetto dagli agenti patogeni che la affliggevano.

La psicoanalisi e la psicologia analitica fin dalla loro fondazione si prefissero dunque, tra gli obiettivi cui tendere, di essere un innovativo metodo di cura, una “talking cure” ossia una cura fondata sul linguaggio.

La “cura” praticata dalla psicoanalisi si produce primariamente attraverso le parole o, in senso più esteso, mediante l’uso di linguaggi non necessariamente verbali, come nel caso della sandplay therapy. 

Freud stesso accolse la definizione della nascente psicoanalisi come talking cure da parte della paziente di Joseph Breuer Anna O., al secolo Bertha Pappenheim, la cui sintomatologia regredì a seguito del trattamento verbale “catartico” fornito dal medico. Breuer considerò quell’esperimento la cellula embrionale di ciò che sarebbe diventato il futuro impianto psicoanalitico: decenni dopo Lacan pensò all’inconscio come a una struttura linguistica.

Nel corso di oltre un secolo abbiamo visto nascere e affermarsi innumerevoli variazioni in seno alla cornice generale delle psicoterapie: ciascuna di tali variazioni ha posto di volta in volta maggiormente l’accento sulla componente metodologica, su quella relazionale o su altre sfumature teorico/prassiche.

Resta il fatto che quotidianamente, a prescindere dal modello utilizzato, i pazienti si rivolgono agli psicoterapeuti attraverso il linguaggio e sempre attraverso il linguaggio ottengono una risposta che, in un circolo ermeneutico di significazione, genera a sua volta un sollievo dalla sintomatologia psichica fino alla sua progressiva e definitiva risoluzione.

Ricordando con Sartre che le parole sono “rivoltelle cariche”, oggi, a oltre un secolo da quella “scoperta”, abbiamo immaginato due giornate di studio miranti a coinvolgere intellettuali di aree limitrofe a quella psicoanalitica per espandere il tema oggetto di indagine, con l’intento di riflettere congiuntamente sui linguaggi che curano, sui linguaggi intesi come strumento di cura della psiche, così come sui linguaggi che potenzialmente fanno ammalare.



Convegno Le Lingue che Curano

Circolo della Stampa | Corso Stati Uniti, 27, 10128 Torino TO | 5 e 6 maggio